Il secolo di Eli Wallach

Si è spento a 98 anni l’attore americano Eli Wallach. L’Italia e Sergio Leone cambiarono la sua carriera.

“Siete tornati per questo letamaio. Perché?”. Steso a terra, con le ultime forze, il feroce bandito Calvera lo chiede ai “Magnifici sette” (quelli rimasti), ma loro non sanno rispondere. Il capolavoro di John Sturges del 1960 è la “summa” di tutti i ruoli interpretati fino a quel momento da Eli Wallach. Non è solo un “cattivo”. Nella prima parte di carriera, i suoi personaggi sono più che altro “laidi”, incapaci di riconoscere l’esistenza di un codice morale diverso dal proprio interesse.

Il ghigno di traverso, lo sguardo potente ma equivoco, l’andatura strisciante che ricorda tanto quella di una jena, fin da subito lo legano a personaggi sinistri. L’Actor’s Studio innesta sulla sua innata presenza scenica uno stile recitativo che non arretra davanti a nessun eccesso (sapendo governarlo). Andandosene a 98 anni, sicuramente smentisce la cattiva fama del film “Gli spostati” (1961). Tutti i protagonisti a parte lui infatti, Marilyn Monroe, Clark Gable, Montgomery Clift, sono morti nel giro di poco tempo.

Fa parte di quella schiera di interpreti criminalmente ignorati dall’Academy, fino alla solita pezza dell’Oscar alla carriera nel 2011. Probabilmente lo vedremmo ne “Il Padrino” se Sergio Leone accettasse di dirigerlo. Coppola invece lo fa aspettare fino alla “Parte III” del 1990, la più convenzionale della trilogia. Lascia il segno anche in televisione, con “L’ora di Hitchcock” e impersonando Mr. Freeze nella celebre serie tv di Batman, con Adam West e Burt Ward.

Di origini polacco-ebraiche, diventa un prototipo del personaggio latino, sempre però declinato in chiave morbosa: latino sì, ma dal sangue freddo. Diventa l’interprete ideale per la drammaturgia “sudista”, accaldata e inquietante, di Tennessee Williams.

Nato a Brooklyn il 7 dicembre 1915, esordisce sul grande schermo a 43 anni, proprio su una sceneggiatura di Williams. In “Baby Doll” di Elia Kazan, uno dei film scandalo degli anni ’50, circuisce Carrol Baker, sposa minorenne del protagonista Karl Malden.

eli wallach oscarE’ l’Italia a cambiare la sua carriera e, in parte, la sua fisionomia attoriale. Dopo aver reso Clint Eastwood un “Arlecchino servitore di due padroni” taciturno e fumatore di sigaro in “Per un pugno di dollari”, nel 1966, con “Il buono, il brutto, il cattivo” Sergio Leone trasforma Wallach in un “Pulcinella” imprecante e dal grilletto facile.

Sempre in Italia, l’attore continua ad allontanarsi dai personaggi cupi degli inizi con un altro western, il sottovalutatissimo “I quattro dell’Ave Maria” (1968). Messo a confronto con gli emergenti Bud Spencer e Terence Hill, grazie anche al grande intuito del regista Giuseppe Colizzi, il 53enne re del palcoscenico influisce non poco sull’assetto definitivo di una delle coppie più importanti della storia del cinema.

Naturalmente, nella sua sconfinata carriera, ci piace ricordarlo soprattutto per il personaggio di Tuco, che monopolizza il film di Leone e che, come una maschera eduardiana, è sfrontato, chiassoso, comico perché ha alle spalle fame e povertà.

Ne “Il buono, il brutto, il cattivo”, Tuco Benedicto Pacifico Juan Maria Ramirez ruba l’identità (peraltro già falsa) a Bill Carson. E noi, che l’abbiamo rubata a lui, siamo qui a sperare che la cosa non lo offenda troppo.

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