Guareschi: le mille battaglie di Giovannino senza paura

Che esagerino o no, nelle settimane successive alle elezioni italiane del 18 aprile 1948, la stampa europea e quella americana sono concordi: il contributo decisivo alla vittoria della Democrazia Cristiana è arrivato da Giovannino Guareschi.

Fondatore e direttore del settimanale “Candido”, voce autorevole dello schieramento avversario delle sinistre. I media occidentali considerano fondamentale una sua raccolta di racconti, pubblicata a un mese dal voto: “Mondo piccolo – Don Camillo”, prima puntata di una delle saghe italiane più lette nel mondo. Le baruffe del manesco parroco con il nemico-amico sindaco comunista Giuseppe Bottazzi detto Peppone, ambientate nella bassa parmense in riva al Po, dove Guareschi è nato, daranno vita alla fortunatissima serie cinematografica con Fernandel e Gino Cervi.

Trinariciuti
Trinariciuti

Nato a Fontanelle di Roccabianca (Pr) il 1° maggio 1908, Guareschi, nel 1937, non ancora 30enne è caporedattore del “Bertoldo” di Milano. Insieme al “Marc’Aurelio” di Roma, il più importante settimanale satirico dell’Italia ante-guerra. Nel 1942 il fratello viene dichiarato disperso in Russia. Ubriaco per lo sconforto, dà in escandescenze e urla tutta la propria rabbia contro il modo in cui viene condotta la guerra. Ciò gli vale l’arruolamento forzato e l’immediato invio al fronte. Dopo l’8 settembre 1943, si rifiuta di collaborare con i tedeschi e viene internato. La detenzione in Germania e Polonia è ovviamente durissima ma Guareschi conia qui la sua celebre massima: “Non muoio neanche se mi ammazzano”. In un anno e mezzo di campo di concentramento, il suo impegno per tenere alto il morale e vivo lo spirito proprio e dei compagni di prigionia è massimo, con conferenze e iniziative teatrali di fortuna, gruppi di studio, giornali parlati, il tutto tra le baracche del lager, mentre può capitare di morire di malattia, di stenti, o uccisi dalle sentinelle senza motivo. Con un sorprendente tono semiserio, racconta il tutto in “Diario clandestino”. Nel ‘45 torna a Milano e fonda il “Candido”. Insieme a Giovanni Mosca e Leo Longanesi, diventa la più importante firma del giornalismo di destra del dopoguerra. Monarchico militante, nel 1946 fa propaganda attiva a favore di Umberto II nel referendum. Nel 1948 non può avere dubbi: non ama De Gasperi ma non può che essere il male minore. Entrano nella storia le sue vignette e i suoi editoriali contro il Pci, in particolare il personaggio del “trinariciuto”, il militante comunista provvisto di una terza narice per “ingerire” meglio le direttive del Partito. Togliatti lo definisce pubblicamente “L’uomo più cretino del mondo”; la Dc non si fida ma non può fare a meno di lui; gli Usa invece lo ammirano: ottiene l’apprezzamento pubblico di due presidenti, Truman e Eisenhower, e dell’ambasciatrice Clare Boothe Luce.

Gino Cervi - Fernandel
Gino Cervi – Fernandel

Paradossalmente, chi non ama Guareschi è il Vaticano. Ambienti della Santa Sede sostengono che Don Camillo, con il suo fondamentale rapporto di stima con Peppone, presenti un messaggio di fondo troppo conciliante verso il comunismo, in una fase in cui l’Urss è ancora guidata da Stalin. Nessuno sembra capire che Guareschi, pur nella radicalità delle sue posizioni, non intende combattere gli italiani che aderiscono al marxismo, ma interpellarli e forse convincerli. Ciò che Guareschi attacca è il comunismo-apparato, portatore di un’idea che lui giudica annullatrice di ogni valore spirituale e di ogni coscienza individuale. In questa distinzione, lo scrittore sembra anticipare quella tra elettori e dirigenti democristiani tracciata da Mario Melloni alias Fortebraccio, lo storico corsivista de L’Unità (con un passato nella Dc), e, addirittura, le “Pagine corsare” di Pier Paolo Pasolini sull’inerzia della democrazia nella “redenzione” dei neofascisti (“Ma nessuno di noi ha mai parlato con loro o a loro. Li abbiamo subito accettati come rappresentanti inevitabili del Male”). Proprio con Pasolini, nel 1963, tra accuse e polemiche reciproche, Guareschi firmerà il documentario “La Rabbia”, film in due parti che analizza la condizione storica, politica ed esistenziale dell’uomo moderno da sinistra e da destra.

Saro Urzì - Fernandel - Cervi - Guareschi
Saro Urzì – Fernandel – Cervi – Guareschi

Ma torniamo a Don Camillo. Nel 1951 Guareschi scrive la sceneggiatura del primo film. Sono subito scintille con il regista, il francese Julien Duvivier, che non solo vuole annacquare il contenuto politico della storia, ma decide di spostare l’ambientazione dal paese natale dell’autore a Brescello. Il tutto mentre le contestazioni del Pci locale, ovviamente, si sono già messe in moto. La parte di Don Camillo è di Gino Cervi; Peppone deve essere interpretato dallo stesso Guareschi (che tra l’altro “vanta” una grande somiglianza con Stalin). Dopo aver ripetuto il primo ciak un’infinità di volte, decide che la recitazione non è per lui. Il ruolo di Peppone passa a Cervi, per Don Camillo arriva il celebre comico francese Fernandel. Tra i due attori e lo scrittore nascerà una grande amicizia. “Don Camillo” (1952) e “Il ritorno di Don Camillo” (1953) sono un grande successo. La situazione politica però è cambiata. Guareschi, deluso dall’operato del governo, si riavvicina al Partito monarchico e polemizza duramente con la Dc, soprattutto sulla legge-truffa, la legge elettorale che penalizza i partiti minori. I suoi servigi alla causa dell’anticomunismo sono storia passata. Nel 1950, in una vignetta sul Candido, Luigi Einaudi passa in rassegna due file di grandi bottiglie di vino abbigliate da corazzieri. Dall’azienda vinicola della famiglia del capo dello Stato, in Piemonte, è uscita, tempo prima, una partita di Nebiolo con l’indelicata etichetta “Vino del Presidente”. Il direttore Guareschi e il disegnatore Carlo Manzoni sono condannati con condizionale a 8 mesi di carcere per vilipendio al Presidente della Repubblica. Ma non è ancora nulla.

Il compagno Don Camillo (1)Il 15 aprile 1954, Candido pubblica due lettere del 1944 a firma Alcide De Gasperi. Proverrebbero dal carteggio Mussolini-Churchill e sarebbero indirizzate al col. A. Desmond Bonham Carter, della base della U.S. Air Force di Salerno. Il futuro premier starebbe chiedendo agli americani di bombardare la periferia di Roma, per indurre la popolazione a insorgere. Scoppia un caso internazionale. Con molti dubbi, le lettere vengono dichiarate false e non vengono permesse nuove perizie. Ne va della tenuta del governo. La stampa centrista lapida Guareschi, la sinistra naturalmente evita di difenderlo, pochi colleghi, tra cui Indro Montanelli, prendono le sue parti. Condannato in primo grado, non ricorre in appello e va in prigione. 13 mesi in tutto, compresa la condanna per Einaudi.

Recluso, non ha alcun controllo sul film “Don Camillo e l’onorevole Peppone” (1955). “Don Camillo monsignore ma non troppo” (1961) fa dimettere Guareschi dalla redazione del Candido. Lo scrittore contesta ad Angelo Rizzoli, editore del settimanale e produttore del film, di aver voluto una pellicola troppo conciliante verso il nascente centrosinistra. “Il compagno Don Camillo” (1965) di Luigi Comencini è ancora una volta edulcorato. Osserva Marco Ferrazzoli nel suo “Non solo Don Camillo”: “Nel Compagno Don Camillo, uno dei comunisti in trasferta sovietica, Scamoggia, decide di rimanere in Urss per amore della compagna Nadia, mentre nell’originale è Nadia a fuggire per sposarsi”.

Terence Hill - Colin Blakely
Terence Hill – Colin Blakely

Nei libri di Guareschi esistono continui riferimenti ai delitti della Volante rossa, la guerra scotta ancora nell’aria. Ancora, nei film manca qualsiasi riferimento al personaggio di Dario Camoni, figura ricorrente nei racconti. Nessuno pronuncia il suo nome, vive in un podere diroccato come un animale selvatico, in altri tempi ha fatto bere parecchio olio di ricino a entrambi, ma Don Camillo e Peppone sono consapevoli, magari malvolentieri, che se i sovietici dovessero davvero arrivare, combatterebbero tutti dalla stessa parte.

Giovannino Guareschi muore d’infarto il 22 luglio 1968. Il libro “Don Camillo e i giovani d’oggi” esce postumo. Il prete è alle prese con un vice-parroco stile prete-operaio, il sindaco è angustiato da un figlio capellone. A riprese quasi completate, Fernandel si ritira perché gravemente ammalato. Abbandona anche Cervi. Il film esce nel ‘72, diretto da Mario Camerini, con Gastone Moschin e Lionel Stander. Ma l’epoca non è più la stessa, e si vede. Il film di Terence Hill del 1983 è solo uno scherzo per il pubblico americano. “Ora non è che io mi dia le arie del “creatore”: mica dico di averli creati io – scrive Guareschi, nel maggio 1953, nella prefazione di “Don Camillo e il suo gregge” – Io ho dato a essi una voce. Chi li ha creati è la Bassa. Io li ho incontrati, li ho presi sottobraccio e li ho fatti camminare su e giù per l’alfabeto. E, sul finire del 1951, quando il grande fiume ha spaccato gli argini e ha allagato i campi felici della Bassa e da lettori stranieri mi sono arrivati pacchi di coperte e indumenti “per la gente di don Camillo e Peppone”, allora mi sono commosso come se, invece di essere un cretino qualsiasi, fossi un cretino importante”.

Giovannino Guareschi

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